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    Confesercenti: l’incertezza frena la ripartenza dei consumi, italiani rinviano 59 miliardi di spesa

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    By Claudio Saba on 14/09/2021 In evidenza, Nazionale

    Timori sul futuro e riduzione dei redditi trasformano gli italiani in formiche con esiti paradossali: le famiglie si impoveriscono, ma dal lockdown ad oggi i loro depositi liquidi sono cresciuti di 74 miliardi. “Ripartiamo dando certezze sul lavoro”

    La liquidità a disposizione delle famiglie cresce, ma l’incertezza frena la ripartenza dei consumi, spingendo gli italiani a rinviare 59 miliardi di euro di spesa.

    A stimarlo è Confesercenti, con l’utilizzo del modello econometrico del CER.

    Tra restrizioni e risparmio precauzionale, i depositi liquidi degli italiani sono lievitati di 74 miliardi in 18 mesi. Una liquidità accumulata soprattutto nel 2020, anno del lockdown, che ha registrato un aumento straordinario dei depositi (71 miliardi, +6,9%), per poi proseguire nei primi sei mesi del 2021 su variazioni in linea con il dato pre-pandemico (+3 miliardi e +0,3% in media mensile).

    L’aumento della liquidità è riconducibile alla combinazione del crollo dei consumi (-112 miliardi di euro nel solo 2020) e delle misure di sostegno adottate dal Governo, che hanno ridotto sensibilmente l’impatto economico della crisi: stime della Banca d’Italia indicano come i sostegni abbiano consentito di limitare al 4% la flessione del reddito disponibile delle famiglie, a fronte di una riduzione del 10% che si sarebbe osservata in assenza di misura compensative.

    L’aumento di liquidità non è stato generato da un incremento dei redditi, che al contrario nel 2020 si sono ridotti in termini reali del 2,6%, con una contrazione molto più accentuata per i lavoratori autonomi (-12,2%).

    La fase di contrazione dei redditi non sembra ancora esaurita. Come rivela l’ultima Indagine della Banca d’Italia, il 29,9% delle famiglie continua a registrare una riduzione del reddito rispetto alla situazione pre-pandemica. Fra i lavoratori autonomi, la quota di famiglie in condizioni reddituali peggiori rispetto a prima della pandemia è ancora superiore al 45%. Per quasi un quarto degli autonomi la flessione del reddito supera il 25%. Nel caso di lavoratori dipendenti e di pensionati, la quota di quanti ancora denunciano un reddito familiare inferiore ai valori pre-pandemici si ferma, rispettivamente, a meno del 30 e meno del 20%.

    A fronte delle incertezze generate dalla riduzione dei redditi il recupero della spesa delle famiglie resta incompleto. La propensione al risparmio, a fine anno, continuerà a collocarsi 7 punti al di sopra del valore pre-pandemico: in considerazione dell’attuale andamento del reddito disponibile, il mancato recupero della propensione al consumo si sta traducendo in un rinvio di consumi che stimiamo pari a 59 miliardi. E 14 miliardi di questi7 potrebbero andare definitivamente persi nel caso l’inflazione giungesse ad attestarsi al 3%.

    “Gli italiani si trovano in una situazione paradossale: i conti in banca crescono, ma le famiglie si impoveriscono. E temono il futuro: l’estate ha portato un ritorno di fiducia, ma le incognite rimangono molte”, commenta Patrizia De Luise, Presidente Confesercenti.

    “A partire dalle condizioni economiche personali: la riduzione dei redditi è stata generale, ma per autonomi e dipendenti privati è stata particolarmente rilevante. E con la fine dell’accelerazione impressa dall’estate, si torna a temere per la tenuta delle imprese e dei posti di lavoro, soprattutto in quei settori in cui la crisi non è mai finita. Come, ad esempio, il turismo organizzato: con una stagione trainata quasi integralmente dai viaggiatori domestici, agenzie di viaggio e tour operator sono rimasti fermi per la seconda estate consecutiva. In caso non venissero rinnovati gli ammortizzatori sociali, che si dovrebbero esaurire a novembre, perderebbero la propria occupazione decine di migliaia di persone. È fondamentale, dunque, ripartire dando più certezze sul lavoro. In primo luogo rinnovando e prorogando, dove possibile, gli strumenti di sostegno al lavoro. Ma servono anche agevolazioni per le imprese che riescono ad assumere. Un nodo che va affrontato (anche) attraverso la leva del fisco: il taglio del cuneo fiscale va bene, ma abbiamo bisogno di un intervento mirato alla riduzione del costo del lavoro per le imprese di ogni dimensione, così come di sostegni per micro-imprese e autonomi, i più colpiti dalla crisi”.

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