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    Rapporto Istat competitività: alimentari e abbigliamento settori più competitivi

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    By Redattore on 31/03/2020 Notizie

    Alloggio e ristorazione tra i comparti più rilevanti per propagazione shock

    I settori dell’alimentare-bevande, dell’abbigliamento e dell’elettronica sono i comparti che evidenziano un miglioramento competitivo rispetto alla media della manifattura sia nel 2018, sia nel 2019″. E’ quanto emerge dalle rilevazioni dell’Istat nel Rapporto sulla competitività dei settori produttivi. “All’opposto, tra i settori per i quali peggiora ulteriormente la condizione di relativa difficoltà competitiva – spiega l’Istituto – si segnalano le attività del tessile, della gomma e del legno”.

    Dallo studio emerge, inoltre, che tra i comparti più rilevanti nella propagazione degli shock e la trasmissione nel sistema ci sono, in particolare, alloggio e ristorazione, alimentari e bevande e commercio all’ingrosso; macchinari e prodotti in metallo, invece, tra i comparti della manifattura.

    “L’epidemia Covid-19, che in questi mesi ha rapidamente assunto dimensioni mondiali e della quale è ancora impossibile prevedere sviluppi ed effetti, è intervenuta in un momento in cui in Italia la fase di ripresa ciclica perdeva vigore”, spiega l’Istat. Una frenata quella dell’economia italiana causata, si spiega, anche “del susseguirsi di una serie di eventi geopolitici (Brexit, dazi statunitensi) e congiunturali (rallentamento della domanda tedesca) che, a partire dalla seconda metà del 2018, hanno generato crescente incertezza nello scenario internazionale”.

    L’Istat sottolinea come sulla posizione competitiva dell’Italia abbia influito “nella prima parte del 2019, un andamento del costo del lavoro più vivace rispetto ai tre partner europei (in particolare per la componente degli oneri sociali)”. “D’altro canto, la dinamica delle esportazioni in valore, seppure in forte rallentamento, è stata più brillante – aggiunge – di quella di Germania e Spagna, e i beni italiani hanno aumentato le proprie quote di mercato in Francia, Belgio, Paesi Bassi, Svizzera e Stati Uniti mentre le hanno fortemente ridotte in Germania e in Spagna”. Nel dettaglio, si evidenzia nel Rapporto, “l’export è risultato più vivace (+2,3%) rispetto a quello di Germania e Spagna (rispettivamente +0,7 e +1,5%) anche se inferiore a confronto con quello della Francia (+3,3%)”.

    L’Istituto fa notare come Italia e Germania, “i cui sistemi produttivi sono strettamente interconnessi, fronteggiano entrambe difficoltà sui mercati internazionali, ma con strategie diverse dovute anche al differente ruolo ricoperto dalle rispettive imprese nelle catene globali del valore (più a monte le italiane, più a valle le tedesche)”. Ecco che, osserva l’Istat, “nel 2019, le imprese italiane hanno reagito al rallentamento globale concentrandosi sui mercati dove sono più presenti, difendendo o allargando le proprie quote; quelle tedesche si sono invece orientate alla ricerca di nuovi prodotti e mercati”. Infine, conclude l’Istat, riguardo al differenziale di crescita “negativo tra Italia e area euro”, questo “è rimasto pressoché stabile (vicino a un punto percentuale)”. “Si è ridotto nei confronti della Germania, essenzialmente a causa della brusca frenata dell’economia tedesca, e si è leggermente ampliato verso Francia e Spagna”.

     

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