SHARING ECONOMY, SIA ECONOMIA DI CONDIVISIONE, NON UNA PORTA APERTA ALLA CONCORRENZA SLEALE
La proposta di disciplina della sharing economy è senz’altro un fatto positivo: da tempo la nostra associazione chiede che il fenomeno sia regolamentato, per stabilire finalmente una demarcazione chiara tra chi offre vera ‘economia della condivisione’ e chi invece utilizza la popolarità di questo nuovo modello per fare attività di impresa senza pagare le tasse, facendo concorrenza sleale agli imprenditori in regola. Ben venga dunque un passo avanti nella direzione di una maggiore certezza normativa.
Così Assoturismo Confesercenti commenta la Proposta di legge, primo firmatario on. Tentori, sulla “Disciplina delle piattaforme digitali per la condivisione di beni e servizi e disposizioni per la promozione dell’economia della condivisione”, presentata oggi alla Camera dei Deputati. La regolamentazione è frutto del lavoro di un gruppo di parlamentari appartenenti all’Intergruppo per l’Innovazione Tecnologica.
La “sharing economy” – continua l’associazione – costituisce un fenomeno del quale anche il tessuto imprenditoriale e le relative associazioni di rappresentanza devono tener conto. Particolarmente rilevante nel turismo, è infatti esteso anche ad altri comparti, dai trasporti alla ristorazione. Rapidissima, ad esempio, è stata la crescita di Home Restaurant e Social Eating: secondo le stime Fiepet-CST, in Italia ci sono già oltre 7mila cuochi ‘social’, con un fatturato annuale da 7,2 milioni di euro.
In quest’ottica, Assoturismo apprezza ogni iniziativa che, riconoscendo il ruolo potenzialmente positivo degli attori della “sharing economy”, ponga le necessarie regole di esercizio e gestione. Lungi dal combattere in modo retrogrado le avanguardie di una economia in trasformazione, riteniamo infatti che occorra prevedere una puntuale regolazione delle attività – sul piano sanitario, fiscale, della sicurezza e amministrativo – che si estenda anzitutto ai soggetti che fungono da intermediari di operatori della sharing economy sulla rete (i cosiddetti sharing economy provider), i quali, in mancanza di una disciplina della particolare figura, rischiano di produrre e perpetuare effetti sempre più vasti di illiceità e concorrenza sleale ai danni delle imprese.