Consumi delle famiglie in rallentamento, piccole superfici in sofferenza. Entro tre anni le vendite dell’e-Commerce potrebbero superare quelle dei negozi di vicinato. “Contributo dei big players del web alimenti fondo per contrastare la desertificazione commerciale”
L’autunno parte in salita per i negozi. Dopo i cali di luglio ed agosto, anche a settembre l’Istat conferma la frenata delle piccole superfici, che vedono ridursi le vendite anche in valore di un ulteriore -0,4% sull’anno precedente. Un dato che – secondo le nostre stime – corrisponde ad una caduta del -2,3% in volume rispetto a settembre dello scorso anno.
Così Confesercenti.
La dinamica negativa dei negozi si inserisce in un quadro complesso per la domanda interna e la distribuzione commerciale in generale. Rispetto ad agosto, entrambi gli indicatori complessivi, in valore e in volume, sono negativi e la flessione in termini tendenziali (-2,4% nel dato destagionalizzato) è di gran lunga la più marcata dell’anno, nonché la più pronunciata dal gennaio 2024. E se la grande distribuzione riesce a tenere (+0,4% in valore sull’anno), a correre è solo l’online, che mette a segno un incremento del +7,3% sull’anno.
Alla luce di questi andamenti, il pur modesto aumento previsto dal governo per la spesa delle famiglie nel 2025 (+0,6%) e nel 2026 (+1,2%) rischia di non poter essere conseguito. Nonostante il potere d’acquisto delle famiglie segni un recupero, per via del rientro dell’inflazione e del protratto aumento dell’occupazione, non si è innescato un rafforzamento dei consumi, che risente invece della debole dinamica delle retribuzioni reali, ancora su livelli inferiori rispetto a quelli precedenti degli ultimi 3-4 anni.
A questo quadro di fragilità si aggiunge un ulteriore ostacolo per la distribuzione di vicinato: l’ascesa delle vendite online. Fra il 2019 ed il 2025 la quota di mercato attribuibile agli esercizi di vicinato è scesa al 20%, mentre quella dell’e-commerce è salita al 18%. Nel giro di 3 anni, soprattutto nel non alimentare, potremmo anche assistere al sorpasso del commercio online sui piccoli esercizi in sede fissa.
Contrastare l’impoverimento dei territori e la desertificazione commerciale è una responsabilità politica e sociale, oltre che economica. Senza misure mirate a favore del commercio di prossimità, si rischia di perdere imprese, coesione, identità e qualità della vita nelle comunità locali. Oggi le attività territoriali soffrono una disparità fiscale rispetto ai grandi operatori digitali. Si propone quindi una tassazione più equa, con un contributo specifico sui ricavi dei principali player online, da destinare a un Fondo per la rigenerazione urbana e il rilancio delle attività economiche e degli spazi di socialità nelle città. Il valore delle vendite online di beni è pari a 40 miliardi di euro, di cui il 70% concentrato nei primi 20 operatori. Applicando un contributo dell’1% su questa quota (1 centesimo per ogni euro di vendita) si otterrebbero 280 milioni di euro da destinare a investimenti per le piccole imprese della distribuzione.
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